Letteratura latina _30:Si vis pacem para bellum

Letteratura latina _30

Posted by Massimo Meridio On martedì 27 marzo 2012 0 commenti

TACITO:
Nacque fra il 55 e il 58. Incerto il luogo di nascita, ipotizzato nella città di Terni. Inizia la carriera politica sotto la dinastia dei Flavi e sposa la figlia di Giulio Agricola. Muore intorno al 120 circa sotto il principato di Adriano.

Dialogus De Oratoribus

L’attribuzione a Tacito del Dialogus era incerta poiché lo stile, improntato al modello neociceroniano, appariva troppo distante dallo stile aspro, irregolare e asimmetrico delle opere storiche tacitiane. Le perplessità vengono superate inquadrando l’opera entro i confini del genere (il trattato di argomento retorico in forma dialogica), vincolato a un ben preciso codice espressivo e a un modello fondamentale (Cicerone). Alcuni studiosi collocano la data di composizione intorno all’80, altri la spostano intorno al 102. L’autore afferma di riferire una conversazione cui egli aveva assistito in casa di Curiazio Materno, oratore e poeta tragico. Interlocutori del dialogo, oltre a Materno, sono i maggiori oratori dell’epoca: Marco Apro, Giulio Secondo e Vipstano Messalla. Dapprima Apro rimprovera Materno di tralasciare l’eloquenza – di cui tesse un altissimo elogio considerandola un’attività nobile, piacevole e proficua – per dedicarsi alla poesia, che presenta lo svantaggio di costringere i suoi cultori ad una vita solitaria ed appartata. Sopraggiunge Messalla, che sposta la questione sulle cause dell’attuale decadenza dell’oratoria. Vi è poi un diverbio tra Apro, che nega che l’eloquenza moderna sia inferiore a quella degli antichi, e Messalla che afferma invece la superiorità degli oratori del passato. Egli addita le cause all’abbandono dei sistemi educativi di un tempo e all’incompetenza dei maestri. Segue, dopo una lacuna nel testo, l’intervento conclusivo di Materno, il quale individua le vere cause, a suo dire politiche, della scomparsa della grande eloquenza: quest’ultima non può fiorire se non in tempi di libertà politica, nonostante essa porti con sé anche il sangue delle guerre civili. In uno stato tranquillo, i cittadini godono i vantaggi della pace, ma la fiamma dell’eloquenza non può far altro che spegnersi. Le tesi presenti coincidono con quelle di Tacito esposte nelle opere storiche. L’autore accetta la realtà del principato, riconoscendone l’inevitabilità di fronte alla degenerazione dell’antica libertas in licentia, ma non nasconde la sua profonda ammirazione per gli uomini, le tradizioni e i valori spirituali della libera repubblica, pur essendo consapevole di guardare ad un passato che non potrà mai più ritornare. Tuttavia egli non rinuncia a delineare un ideale di vita che consenta al magnus vir di salvaguardare la propria innocentia, dignità e libertà anche in tempi di servilismo e adulazione. Viva e attuale appare l’esigenza di trovare un equilibrio fra gli antichi mores e le nuove forme del potere.

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